CONSIGLIO DI STATO. Ordinanza di demolizione e verbale di acquisizione successivamente alla domanda di condono edilizio. Legittimità. Insussistenza dei presupposti dell’art. 44 L. n. 47/85. Riforma della sentenza del TAR Napoli.

 In allegato la sentenza n. 2596/2022 del Consiglio di Stato, sez. VI, pubblicata oggi, con la quale il Supremo Consesso, in accoglimento dell’appello proposto dall’Avv. Antonio Ausiello (difensore dell’ente appellante), si è pronunciato in ordine alla legittimità di un’ ordinanza di demolizione ex art. 31 DPR 380/2001 e verbale di acquisizione, adottati successivamente alla presentazione della domanda di condono edilizio (poi rigettata).
In particolare, in accoglimento dei motivi di appello in tesi, la sopravvenuta formazione di un nuovo provvedimento di rigetto del condono non comporterebbe invece, contrariamente a quanto ha statuito il TAR, il dovere per l’Amministrazione comunale di emettere una nuova ordinanza di demolizione rimanendo la stessa sospesa”.
il Consiglio di Stato ha affermato che: “ La doglianza ha pregio… per giurisprudenza pacifica: “ la presentazione di una istanza di sanatoria non comporta l’inefficacia del provvedimento sanzionatorio pregresso, non essendoci pertanto un’automatica necessità per l’amministrazione di adottare, se del caso, un nuovo provvedimento di demolizione; nel caso in cui venga presentata una domanda di accertamento di conformità in relazione alle medesime opere (da verificare nel caso di specie da parte degli organi comunali), l’efficacia dell’ordine di demolizione subisce un arresto, ma tale inefficacia opera in termini di mera sospensione (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 16/03/2020 , n. 1848)” (Cons. Stato, Sez. VI, n. 4829/2020).
Ne consegue che, rigettato il condono, la demolizione, temporaneamente inefficace in pendenza del procedimento di sanatoria, riprende vigore.
Inoltre come accertato infra, l’ordine di demolizione n. 32/2004 non risulta antecedente all’istanza di condono, ma l’istanza di condono ha preceduto (30.3.2004) l’ordine di demolizione (30.4.2004), difettando quindi i presupposti dell’art. 44 della legge n. 47/1985 (richiamata dall’art. 39 della L. n. 724 del 1994 e dall’art. 32 del D.L. n. 269 del 2003, convertito nella L. n. 326 del2003) invocata dal TAR e non rilevante nella specie.
E ciò in quanto “L’ordinanza di demolizione non avrebbe poi mai potuto perdere definitivamente efficacia per l’applicazione dell’art. 44, in quanto detta norma si riferisce testualmente alla sospensione dei provvedimenti sanzionatori pregressi e quindi dell’ordine di demolizione adottato precedentemente alla presentazione della domanda di condono (l’ordine di demolizione successivo dovendo essere impugnato deducendone l’illegittimità per mancata previa definizione dell’istanza di condono – che paralizza temporaneamente l’esecuzione delle sanzioni – circostanza – questa dell’impugnazione della demolizione – non verificatasi nella specie essendosi fatta questione solo dell’impugnativa del diniego di condono e, omisso medio, del provvedimento di acquisizione del manufatto abusivo e dell’area di sedime).
L’obbligo di riesaminare l’abusività delle opere provocato dalla domanda di condono con la riadozione dei provvedimenti repressivi ha senso solo in presenza di un intervento astrattamente sanabile, ossia quando per effetto della formazione di un nuovo provvedimento esplicito e per il suo concreto contenuto risulti definitivamente vanificata l’operatività del precedente provvedimento demolitorio, adottato senza tener conto della (astratta) condonabilità del bene”. 
Inoltre, con particolare soddisfazione, merita di essere menzionato il seguente iter argomentativo del Giudice di appello “ Ha pregio l’assunto del Comune che ricorda il principio di speditezza e non aggravamento dei procedimenti amministrativi repressivi, con una inutile riedizione ex novo di esso, atteso l’identico provvedimento repressivo da adottare in sede di rinnovo, stante la natura abusiva del manufatto e dell’impossibilità di condonarla, non rientrando per l’oggettività della sua natura nelle categorie previste dalla normativa di condono. L’appello deve, dunque, essere accolto con conseguente riforma della sentenza gravata e il rigetto dei motivi aggiunti proposti in primo grado”.
E’ interessante, altresì,  la situazione di fatto sottesa alla vicenda processuale, caratterizzata dal susseguirsi di diversi  provvedimenti amministrativi adottati prima e dopo la domanda di condono edilizio,  il cui verdetto di illegittimità in parte qua, del Giudice di Prime cure,  non ha retto al vaglio, in via devolutiva, del Superiore Giudice amministrativo.

Clicca sul presente link per il testo della Sentenza Consiglio di Stato n. 2956_2022_08-04-2022